I’m too drunk to notice what’s right in front of me
~Alfie~
Slumped on a park bench in the pouring rain, necking the sour raspberry vodka I’d bought Jam, my oldest (and once best) friend, for his birthday, is not the way I saw today ending when I woke up to the sun streaming in through my bedsit window this morning. But today has managed to completely smash to oblivion all previous records for the shittest-day top spot. And boy do I want it to end.
And while getting blindingly drunk will not get me my job back, I’m hoping it will at least help me forget the fact I’ve lost it. For a little while at least.
“Alfie?”
I don’t glance up. I saw Benji, Jam’s little brother, over the other side of the park, most likely on his way to the party—like I’m supposed to be—and I traipsed all the way over here to avoid him. I hoped he hadn’t seen me. No such luck. Not bloody today anyway.
The bench creaks as he sits. Beneath his tight black jeans, his thighs are shockingly massive. Muscular, like the rest of him. It’s hard to reconcile him with the small, smiley lad who trailed after Jam and me, all innocent enthusiasm for whatever trouble we were getting up to. I take another swig and nearly gag. This stuff is disgusting. God, being a kid was so much easier. I want to go back to when bad days ended with a hug and the knowledge someone loved you and had your back, whatever happened.
“Yeah, I could go for that,” Benji agrees solemnly.
Great, I’m so drunk I don’t even know what I’m saying out loud now. It’s entirely possible I can still make this shitty day even worse. I thrust the bottle at him.
“I’m a sappy drunk, not a mean one,” I slur. Unfortunately, I’m also still far too lucid.
“Um, good to hear…” He takes a sip, and I smother my mouth with my hand, trying to hide my grin as Benji pulls a horrified face and wipes his lips on his sleeve. “Ugh… It tastes like those sour sweets that strip the roof of your mouth off. Jam would love this stuff, you know.”
“Yeah…” I say, feeling morose again. Because what sort of shitty friend drinks your birthday present?
A phone bleats. Reflexively we both pat our trouser pockets, but it’s his. Mine died hours ago while I was watching Hot Fuzz on the tube. It’s one of the only films I’ve watched more than once. Never fails to make me smile. Got twice round the circle line before my battery died. Which was about the time opening the vodka began to seem like such a great idea…
“Hey, bro… Yeah, don’t worry, I’m on my way. I’m, um, with Alfie. See you in a bit.” Benji puts the phone down. Jam, obviously. He turns to me. “I can’t leave you here, you know.”
“You absolutely can.” I’m having my own little pity party on this bench. It’s great. It’s really fucking wonderful. “Look, I’m fine.” I gesture at my soaked silvery suit and muddy shoes and try not to sway.
His warm strong hand steadies me, and I completely fail to resist the urge to lean into his touch, making his fingertips press harder against my bicep to hold me up. I shiver. God, I’m cold. It might be July, but this fucking rain has crept all the way up from November. I’m also drunk enough to admit it’s not the only reason I’m craving body heat. I’ve turned into an indiscriminate cuddler when I’ve had a few. I guess it’s the only time I’m relaxed enough to let that side of me show, nowadays. Sober I’m too much of a tightly coiled spring, ready to jerk a mile if an unsuspecting person even brushes their bag up against me on the Tube. I’m pretty sure I never used to be so uptight.
Benji shifts closer so I can lean against his side—which I do, immediately and heavily. God he’s big and it feels so nice to just let go and really lean on someone, knowing you won’t hurt them because they can take all your weight.
“I really can’t leave you like this,” he says softly.
I frown and mumble, “Why not?”
“You know why.”
I don’t actually. I lift my head and stare at him petulantly, wondering when he got the lip piercing. It doesn’t look new. Lately he seems to have gone even more punk with his spiky bleached hair and black clothes, and the lip ring makes him look a little roguish. But he so isn’t. I smile. He’s probably one of the sweetest boys I’ve ever known. Man, I remind myself. Nearly nineteen is a man.
Benji cocks an eyebrow, and I wonder how much of that observation I said aloud.
“Quite possibly all of it?”
Sono troppo ubriaco per accorgermi di quello che ho davanti
~ Alfie ~
Quando mi sono svegliato questa mattina con la luce del sole che filtrava dalla finestra del mio studio, non era così che avevo immaginato la fine di questa giornata, buttato sulla panchina di un parco sotto la pioggia battente a pomiciare con la vodka al lampone che avevo comprato per Jam, il mio più vecchio (e un tempo migliore) amico. La giornata di oggi, però, è riuscita a distruggere in un colpo solo tutti i miei record precedenti per il giorno più di merda mai vissuto. E non vedo l’ora che finisca.
E anche se sbronzarmi di brutto non mi farà riavere il mio lavoro, spero che almeno mi aiuterà a dimenticare il fatto di averlo perso. Almeno per un po’.
«Alfie?»
Non alzo lo sguardo. Ho visto Benji, il fratello minore di Jam, dall’altro lato del parco, molto probabilmente diretto alla festa, come dovrei essere anche io, e mi sono trascinato fin qui per evitarlo. Speravo che non mi avesse visto. Ovviamente non è andata così. Figuriamoci.
La panchina scricchiola un po’ quando Benji si siede. Fasciate in un paio di jeans neri attillati, le sue cosce sono davvero enormi. Muscolose, come tutto il resto del suo corpo. È difficile riconciliarlo con il ragazzo piccolo e sorridente che seguiva me e Jam dappertutto, pieno di innocente entusiasmo per qualsiasi guaio combinassimo. Faccio un altro sorso e mi viene quasi da vomitare. Questa roba è disgustosa. Gesù, era tutto così facile da ragazzini. Vorrei tornare a quando le giornatacce finivano con un abbraccio e la consapevolezza che c’era qualcuno che ti voleva bene e ti proteggeva, qualsiasi cosa accadesse.
«Sì, piacerebbe anche a me,» concorda Benji con tono solenne.
Fantastico, sono talmente ubriaco che non so nemmeno quello che dico ad alta voce. È possibile che riesca a rendere questa giornataccia persino peggiore. Gli passo la bottiglia.
«Sono un ubriaco sentimentale, non cattivo,» borbotto. Per sfortuna, sono ancora perfettamente lucido.
«Oh… sono felice di saperlo…» beve un sorso di vodka e io mi copro la bocca con la mano nel tentativo di nascondere un sorriso quando Benji fa una faccia schifata e si pulisce le labbra con la manica. «Oddio… ha lo stesso sapore di quelle caramelle aspre che ti scartavetrano il palato. A Jam piacerebbe un sacco.»
«Già…» rispondo sentendomi di nuovo depresso. Che razza di amico di merda si beve il tuo regalo di compleanno?
Si sente squillare un telefono. Di riflesso, ci tocchiamo entrambi le tasche dei pantaloni, ma è il cellulare di Benji. Il mio è morto ore fa mentre stavo guardando Hot Fuzz in metropolitana. È uno dei pochissimi film che ho guardato più di una volta e riesce sempre a farmi sorridere. Sono riuscito a fare per due volte il giro della Circle Line prima di finire la batteria. Ed è stato quello il momento in cui mi è venuto in mente che aprire la bottiglia di vodka sarebbe stata un’ottima idea…
«Ehi, fratellone… Sì, non preoccuparti, sto arrivando. Sono con… be’, con Alfie. Ci vediamo fra poco.» Mette via il telefono. Jam, ovvio. Benji si gira a guardarmi. «Non posso lasciarti qui, sai.»
«Certo che puoi.» Sono già impegnato a commiserarmi su questa panchina. È fantastico. Davvero meraviglioso. «Non preoccuparti, sto bene.» Faccio un gesto a indicare il mio abito argentato zuppo d’acqua e le scarpe infangate e cerco di non tentennare.
La sua mano forte mi tiene fermo e io non riesco a resistere alla tentazione di appoggiarmi su di lui, spingendo le dita contro il suo bicipite per sostenermi. Vengo percorso da un brivido. Gesù, sono congelato. Potrà anche essere luglio, ma questa stramaledetta pioggia arriva dritta da novembre. Sono anche abbastanza ubriaco per ammettere che il freddo non è l’unico motivo per cui desidero il calore di un altro corpo. Quando bevo un po’ troppo, mi trasformo in un mostro assetato di coccole e immagino che ormai sia anche l’unico momento in cui sono abbastanza rilassato da mostrare quel lato di me. Da sobrio sono più simile a una molla pronta a scattare, che finirà per saltare di un paio di chilometri se qualche persona ignara dovesse anche solo sfiorarmi con la borsa mentre sono in metropolitana. Sono quasi sicuro di non essere sempre stato così teso.
Benji mi si avvicina per farmi appoggiare contro il suo fianco. Lo faccio immediatamente e con decisione. Oddio, è così solido e la sensazione di lasciarsi andare e di appoggiarsi davvero a qualcuno è bellissima, specie quando sai che non puoi fargli alcun male perché quella persona può sostenere tutto il tuo peso.
«Davvero non posso lasciarti così,» dice sottovoce.
Faccio una smorfia. «Perché no?» borbotto.
«Lo sai perché.»
In realtà no, non lo so. Alzo la testa e lo guardo con un’aria petulante chiedendomi da quando ha quel piercing sul labbro. Non sembra nuovo. Negli ultimi tempi Benji pare essere diventato ancora più punk, con i capelli dritti e biondo platino e i vestiti neri, e quell’anello al labbro gli dà un’aria un po’ pericolosa. Ma non è affatto così. Gli sorrido. Benji è uno dei ragazzi più dolci che abbia mai conosciuto. Uomo, mi dico subito. A quasi diciannove anni, si è già uomini.
Benji mi guarda con una smorfia e mi chiedo quanto di quelle mie osservazioni abbia fatto a voce alta.
«Probabilmente tutte?»