Reluctant to make his way through the German crowd in the front of the cabaret, Yves ducked out the back. After slipping the cigarette between his lips, he paused to pat his coat for a lighter. Had he put it back into the inner pocket by accident—the one that had been torn for months now? If so, it was gone, or, if he was lucky, somewhere in the gloom of the bar.
A movement at the opening of the alley. Several people, a surprised word of protest—Yves stepped back, sliding a hand into his trouser pocket, where it came across the metal square of the lighter. The scuffle not twenty meters away turned frantic; arms and legs flailed. Somebody being robbed?
Pained huffs, as one robber punched the dark silhouette of a man in the stomach while the others held him in place against the wall.
Then suddenly a shout from afar, and the attackers turned tail and ran.
Breathlessly, Yves watched the figure crumple to the ground.
No movement, nobody else in the alley. His skin crawled with dread. He should not get involved. Maybe somebody else would find the man, or he’d get up and walk away once he’d recovered. But how the body lay there gave Yves a shiver. Something was very wrong.
He pushed away from the wall and walked toward the fallen man, toward the light of one sickly street lamp, and the sounds and bustle of Montmartre before curfew. The light spilling into the alley transformed the man’s clothes into a uniform. Yves’s leg twitched as if his shin had brushed something invisible.
He should walk on, get out of the alley and run. Or turn and go back into the bar.
But how could he abandon those glassy, pale eyes looking up at him? The man could have been a corpse with that stare, not unlike the Frenchmen who had died defending Paris, left to fester in the June sun. But dead men didn’t blink, didn’t gasp for breath.
Yves crouched and touched the man’s cold sweaty face, noticed that he tried to move away a little, as if Yves meant him harm. And—did he? Yves glanced down to the soldier’s hand clutching against his stomach. Only then did he catch the heavy smell of blood. The soldier had been knifed, just like that, while his comrades were getting drunk and raucous a few yards away inside Chez Martine.
To his shame, Yves immediately thought They will kill us all for this. The thought was followed by a retching wave of fear rather than pity or compassion. He should probably leave the man to die, then hide the body and flee the city before the Germans caught wind of this. Maybe Madeleine would help him hide. As long as there were no witnesses—
Steps passed by on the pavement, and Yves jumped, half expecting a policeman to ask what he was doing. If they suspected him, there was no telling what would happen.
The man’s lips opened, moved tonelessly. Pain flitted over his features, but most of what Yves saw in that face was astonishment. He let go of the lighter, and once he’d pulled his hand out of his pocket, he couldn’t stop himself.
“This might hurt,” he said before he remembered that most Germans didn’t speak French. Maybe it still sounded reassuring. He pulled the man up by his shoulders, helped by mostly coordinated movements from the man’s legs that braced him up against the wall, despite the grimace of pain and the groans pressed out between gritted teeth. The light reflected off the wetness at the front of the uniform and tore the bright red stain on the man’s hands out of the shadow. If the soldier now staggered back to his unit, everybody inside Chez Martine would pay the price. He couldn’t allow that.
“We have to get you to a hospital,” he urged, then repeated “Hospital,” hoping that the German word would at least be similar.
The soldier gritted his teeth and nodded. With surprising strength, he slung his arm around Yves’s shoulders, his bloodied fingers a tight fist not far from Yves’s face, the other hand clutching at his stomach.
Riluttante all’idea di passare in mezzo ai tedeschi che affollavano il cabaret, Yves si defilò dalla porta sul retro. Dopo essersi messo una sigaretta fra le labbra, si fermò per toccare il cappotto alla ricerca l’accendino. Forse lo aveva messo per sbaglio nella tasca interna, quella che era scucita ormai da mesi? In quel caso, allora, l’accendino era andato smarrito oppure, nella migliore delle ipotesi, si era nascosto da qualche parte nel buio del bar.
Un movimento all’ingresso del vicolo. Varie persone, un verso improvviso di protesta. Yves fece un passo indietro, infilando la mano nella tasca dei pantaloni, dove le dita entrarono in contatto con la forma squadrata dell’accendino. La zuffa a non più di una ventina di metri da lui era diventata caotica, un tornado di braccia e gambe. Forse stavano derubando qualcuno?
Gemiti di dolore, mentre uno dei ladri tirava un pugno allo stomaco alla forma scura di un uomo e l’altro lo teneva fermo e spinto contro il muro.
Di colpo, da lontano arrivò un urlo e gli assalitori si voltarono e se la diedero a gambe.
Trattenendo il respiro, Yves osservò la figura accasciarsi per terra.
Nessun movimento, nessun’altra presenza nel vicolo. Yves provò un brivido d’orrore sulla pelle. Non avrebbe dovuto immischiarsi. Forse qualcun altro avrebbe trovato quell’uomo, oppure si sarebbe alzato da solo per andare via una volta ripresosi dallo choc. La maniera in cui il corpo giaceva a terra, però, gli fece venire i brividi. C’era qualcosa di profondamente sbagliato in quella posizione.
Yves si spinse via dal muro e si avvicinò all’uomo per terra, verso la luce malaticcia di un lampione e i suoni e la folla di Montmartre prima del coprifuoco. La luce che raggiungeva il vicolo trasformò gli abiti dell’uomo in una divisa. La gamba di Yves si mosse involontariamente come se la sua pelle avesse appena sfiorato qualcosa di invisibile.
Avrebbe dovuto continuare a camminare, uscire dal vicolo e correre via. Oppure girarsi e rientrare nel bar.
Ma come avrebbe potuto abbandonare quegli occhi pallidi e velati che lo guardavano? L’uomo avrebbe anche potuto essere già cadavere con uno sguardo del genere, proprio come i francesi che erano morti difendendo Parigi, lasciati a decomporsi sotto il sole di giugno. Ma i morti non sbattono le palpebre, non annaspano alla ricerca di un respiro.
Si accovacciò e toccò con la mano il viso sudato dell’uomo, notò che stava cercando di spostarsi un pochino, come se Yves volesse fargli del male. E… forse era così? Abbassò gli occhi sulla mano del soldato che stringeva lo stomaco. Solo in quel momento, si accorse del pesante odore di sangue. Il soldato era stato accoltellato, come se niente fosse, mentre i suoi camerati si stavano ubriacando e divertendo solo qualche metro più avanti dentro Chez Martine.
Con sua grande vergogna, Yves pensò subito Ci uccideranno tutti quanti per una cosa del genere. Il pensiero venne seguito da una nauseante sensazione di paura piuttosto che da pietà o compassione. Probabilmente avrebbe fatto meglio a lasciar morire l’uomo, poi nasconderne il corpo e scappare dalla città prima che i tedeschi si accorgessero dell’accaduto. Forse Madeleine lo avrebbe aiutato a nascondersi. Sempre che non ci fossero dei testimoni e…
Yves fece un salto sentendo dei passi sul marciapiede, quasi aspettandosi di veder apparire un poliziotto pronto a fargli domande. Se avessero sospettato di lui, sarebbe stato impossibile sapere cosa gli sarebbe capitato.
L’uomo aprì le labbra, le mosse senza emettere alcun suono. I suoi lineamenti erano contorti dal dolore, ma il volto era dominato soprattutto dall’incredulità. Yves lasciò andare l’accendino e dopo aver tirato la mano fuori dalla tasca, non riuscì più a trattenersi.
«Questo ti potrebbe far male,» gli disse prima di ricordarsi che la maggior parte dei tedeschi non parlava francese. Forse la sua voce lo avrebbe comunque rassicurato. Tirò su l’uomo prendendolo per le spalle, aiutato dai movimenti ancora coordinati delle gambe del soldato che lo tenevano spinto contro la parete, nonostante i gemiti di dolore e i versi che gli uscivano dai denti serrati. La luce si rifletté sull’uniforme bagnata e mise in evidenza la macchia rosso scarlatto sulla mano dell’uomo. Se il soldato fosse tornato adesso alla sua unità, tutti quelli che si trovavano da Chez Martine ne avrebbero pagato il prezzo. Yves non poteva permetterlo.
«Dobbiamo portarti in ospedale,» disse con urgenza, poi ripeté: «Ospedale,» nella speranza che la parola tedesca fosse quantomeno simile.
Il soldato strinse i denti e annuì. Con forza sorprendente, gli gettò un braccio intorno alle spalle, le dita insanguinate chiuse in un pugno vicinissimo al volto di Yves, l’altra mano ancora spinta contro lo stomaco.