Tower blocks never changed. Cityscapes could paint a picture of culture and fortune and the ambitions of a hotshot architect, but the bleak concrete towers on working-class housing estates were always the same. London. Birmingham. Milton Keynes. Every place Benito Martell had ever lived. Nothing. Ever. Changed.
The forbidding block in front of him was no exception. Grimy inside and out until people opened their doors and invited you in, it was pretty much the last place on earth Benito wanted to be.
Fucking Bletchley. How did I end up back here?
He knew the answer to that better than he wanted to. He’d fucked up. Shown weakness. And now he was holed up in his car outside Barndale Court flats, watching over two of the only souls he’d ever cared about, guilt eating his heart that the life he’d led on a shitty housing estate elsewhere had put them at risk. You’re a road man. What did you expect? That Asa would treat you better than you treated anyone else?
A bitter laugh escaped Benito. He lit a cigarette and blew acrid smoke out of the cracked-open car window. His noisy brain craved the quieting hit of a joint, but cranking out weed at the side of the road was a sure-fire way to attract the wrong kind of attention—the blue kind—and Benito had spent his entire life dodging the feds.
On cue for poetic irony, a panda car rolled onto the estate, circling the precinct—the betting shop, the pawnshop, and the fried chicken takeaway. It came to a stop where Benito was loitering in his car. The passenger window descended, and a stern-faced copper gestured for Benito to do the same.
Irritation spiked Benito’s blood, but years of flying under the radar had taught him to play nice. To be forgettable. Not the arsehole who wouldn’t open his window.
Le case popolari non cambiavano mai. I panorami di città potevano anche riflettere un’immagine di cultura e fortuna e le ambizioni di un famoso architetto, ma i deprimenti caseggiati popolari in cui viveva la classe operaia restavano sempre uguali. Londra. Birmingham. Milton Keynes. Ogni posto in cui Benito Martell aveva vissuto. Non. Cambiava. Mai. Nulla.
L’imponente palazzo che aveva di fronte non faceva eccezione. Torvo dentro e fuori fin quando la gente che ci viveva non apriva la porta per invitarti a entrare, era l’ultimo posto al mondo in cui Benito avrebbe voluto trovarsi.
Stramaledetta Bletchley. Come ho fatto a finire di nuovo qui?
Conosceva la risposta a quella domanda meglio di quanto non avrebbe voluto. Aveva combinato un casino. Dimostrato una debolezza. E adesso si trovava nascosto in macchina davanti agli appartamenti di Barnfield Court, a osservare le uniche due anime di cui gli fosse mai importato qualcosa, con il senso di colpa a divorargli il cuore e la consapevolezza che la vita di merda che aveva condotto in un altro quartiere in tutto e per tutto simile a quello, aveva messo in pericolo le loro vite. Sei un criminale. Che ti aspettavi? Che Asa ti trattasse meglio di quanto tu hai trattato altra gente?
Si fece scappare una risata amara. Accese una sigaretta e soffiò via il fumo dal finestrino appena abbassato. Il suo cervello in preda al caos moriva dalla voglia di calmarsi con una canna, ma fumare erba parcheggiato lungo la strada era un sistema sicuro per attirare l’attenzione sbagliata – il genere d’attenzione accompagnato da una sirena blu – e Benito aveva passato tutta la vita a evitare i poliziotti.
Con ironico e perfetto tempismo, una Panda entrò nel quartiere, percorrendone il perimetro, il negozio di scommesse, il banco dei pegni, e il locale che vendeva pollo fritto da asporto. Si fermò nel punto in cui Benito aveva parcheggiato la macchina. Il finestrino del lato passeggero si abbassò, e un poliziotto dall’aria severa gli ordinò con un gesto di fare lo stesso.
Un senso d’irritazione si fece largo dentro di lui, ma tutti gli anni passati a non farsi notare gli avevano insegnato come comportarsi. Gli avevano insegnato come apparire insignificante. Non il genere di stronzo che non avrebbe mai abbassato il finestrino.