I was only two years old when Tommy was born, so I don’t have any memories of Mom’s being pregnant, nor of the day she and Dad brought him home from the hospital. I don’t know if I was jealous of the attention he must have gotten from my parents, or if I doted on him, or if I even noticed him at all. I’ve never heard any stories from those first few years of our lives, because Mom died before I was old enough to ask her about them, and whenever I approached Dad about stuff like that he’d tell me he didn’t remember, or he’d say helpful things like “Stop pestering me.” You’d think something as momentous as a younger brother popping into my life out of nowhere would have made a lasting impression, but apparently I just took it in stride and didn’t pay any more attention to him (at least initially) than to the flowers on the dining room table or the telephone on the desk.
Regardless, my earliest memory is still of Tommy. It’s only a fragment, but I seem to remember sitting next to him in front of the woodstove in the living room, watching him smash a fistful of Silly Putty on the Sunday comics page from the newspaper. I couldn’t have been more than four, but in my mind I can see his small, pudgy hands lifting up the putty to reveal a flattened, gray and black copy of a panel featuring Charlie Brown and Snoopy. I re-member his face, intent and serious and proud, and I remember him offering me the sticky blob as a gift, and I remember our hands touching when I took it from him. His fingers were sweaty and warm.
You’d think something more important would be the first thing I’d recall, but for some reason my brain has chosen to hang on to that image above all others. I don’t know why. I’m not surprised it picked something to do with Tommy, but I’m puzzled why it glommed on to something so trivial. Maybe that’s just the way consciousness works: one minute you’re oblivious and the next you’re not, and whatever happens to be going on when that switch gets flipped in your head is the thing that sticks with you, no matter how insignificant it might be.
Avevo solo due anni quando è nato Tommy e quindi non ho alcun ricordo di mia madre incinta o del giorno in cui lei e papà lo hanno portato a casa dall’ospedale. Non so se fossi geloso dell’attenzione che stava ricevendo dai miei genitori o se invece gli facessi le coccole o facessi anche semplicemente caso alla sua presenza. Non ho mai sentito racconti su quei primi anni delle nostre vite perché mamma è morta prima che fossi abbastanza grande per chiederle di raccontarmele e ogni volta che ho provato a domandare a papà cose del genere, mi ha sempre risposto che non se lo ricordava o mi diceva cose utili tipo “Piantala di scocciarmi”. Forse penserete che un evento importante come l’apparizione dal nulla di un fratello minore nella mia vita avrebbe dovuto lasciare un’impronta durevole, ma a quanto pare non mi sono scomposto più di tanto e, almeno all’inizio, non gli ho dato più attenzione di quanta ne dessi ai fiori sul tavolo della sala da pranzo o al telefono sulla scrivania.
In ogni caso, il mio primo ricordo è comunque legato a Tommy. Non è che un frammento, ma mi sembra di ricordare di essere seduto accanto a lui davanti alla stufa a legna del soggiorno e di osservarlo mentre schiaccia un pugno di plastilina sulla pagina delle vignette satiriche del giornale della domenica. Non potevo avere più di quattro anni, ma nella mia mente riesco a vedere quelle manine cicciotte alzare la plastilina per rivelare una copia appiattita della vignetta grigia e nera di Charlie Brown e Snoopy. Mi ricordo il suo volto, concentrato, serio e orgoglioso e ricordo anche che mi ha offerto in regalo quel pezzo di plastilina appiccicosa e poi rammento le nostre mani che si toccano quando lo prendo. Le sue dita erano sudate e calde.
Vi aspettereste qualcosa di più importante come primo ricordo, ma per qualche strana ragione il mio cervello ha scelto di attaccarsi proprio a quell’immagine più che ad altre. Non so perché. Non mi sorprende che la mia testa abbia scelto qualcosa che ha a che fare con Tommy, ma mi fa strano che si sia attaccata a un episodio così insignificante. Forse è soltanto il modo in cui funziona la coscienza: un minuto si è del tutto inconsapevoli, un altro no, e qualsiasi cosa accada nella vostra testa al momento di quel cambiamento sarà la cosa che vi resterà attaccata addosso, e non importa quanto possa essere insignificante.