There was no church in South Pass City. There was a graveyard just outside of town—rocky and ill kept, the graves dotted with clumps of scrubby grass and sagebrush—a place for the dead to get close to God, but none for the living.
Every Sunday morning, a small group gathered in the Spicers’ cabin and made a congregation. They were a herd without a shepherd. They prayed and sang together, and Elijah held the brim of his hat in his hands and looked at the uneven floorboards while the muted strains of the hymns washed over him, distant and distorted.
I know not, O I know not, what joys await us there,
What radiancy of glory, what bliss beyond compare.
In the past, Elijah had tried to follow the words in the hymnal, his fingertip jerking along the close-printed lines, but he had difficulty with singing. The drawn-out syllables and strange cadences were entirely unlike the rhythms of regular speech, and they passed outside the narrow range of his hearing. Song was water, tipped from a ewer into a hollow basin. Song swelled, reverberated, and he couldn’t distinguish the words from the echo.
Elijah passed the service in contemplation of his boots, fixing his gaze on the faded leather, worn long ago to softness. If he wriggled his toes, he could see the leather undulating. So could Dr. Carter, standing beside him, who cuffed Elijah lightly on the back of the head to remind him of his manners and then tugged affectionately at his hair.
And Elijah couldn’t think of anything apart from the way Harlan Crane had pulled at his hair and fucked him the night before. He didn’t know for sure, couldn’t know, but he didn’t think it was supposed to be like that.
Elijah shivered. He stared at the floor again and ignored his aching body.
Maybe right about now he should have been thinking about sin and hellfire and burning for an eternity, but that wasn’t why he shivered. Those things seemed as remote and theoretical as they ever had, when surely last night should have brought them into sharp relief. He should have been able to smell his own flesh burning, shouldn’t he? Should have been able to feel the agony of his nerve endings curling and crumbling like candlewicks. Except all he felt was the sting where Crane’s stubble had rasped against his flesh and the ache in his ass that echoed his heartbeat.
He’d liked it. It was wrong, but he’d liked it.
It scared him that he did.
A South Pass City non c’era una chiesa. Appena fuori città c’era un cimitero, roccioso e maltenuto, con le tombe coperte di ciuffi di erba secca e artemisie, un posto dove i morti potevano avvicinarsi a Dio, ma niente di adatto ai vivi.
Ogni domenica mattina, un piccolo gruppo di persone si raccoglieva a casa della famiglia Spicer come una congregazione. Erano un gregge senza pastore. Pregavano e cantavano insieme ed Elijah teneva l’orlo del cappello fra le mani e fissava le irregolari assi di legno del pavimento mentre le musiche soffocate degli inni lo investivano in maniera distante e distorta.
Non so, oh non so, quali gioie ci attendono lassù,
Quale gloria raggiante, quale beatitudine senza pari.
In passato, Elijah aveva cercato di seguire le parole nel libro degli inni, di muovere con fare incerto la punta del dito lungo le righe stampate vicine, ma aveva difficoltà con i canti. Le sillabe allungate e le cadenze insolite erano completamente diverse dal ritmo della lingua parlata ed erano al di fuori della ristretta portata del suo udito. Una canzone era come acqua versata da una brocca in un catino vuoto. La musica si ingrossava, riverberava, ed Elijah non riusciva a distinguere le parole dall’eco.
Passò l’intero servizio in contemplazione dei suoi stivali, con gli occhi fissi sulla pelle sbiadita e resa soffice dall’uso costante. Quando muoveva le dita dei piedi, vedeva il cuoio ondulare. E riusciva a vederlo anche il dottor Carter che, in piedi al suo fianco, gli diede un colpetto sulla nuca per rammentargli le buone maniere prima di tirargli con affetto un ciuffo di capelli.
Ed Elijah non riuscì a pensare ad altro che al modo in cui Harlan Crane gli aveva tirato i capelli e se lo era scopato la notte precedente. Non lo sapeva con certezza, non c’era modo di saperlo, ma Elijah non pensava che il sesso avrebbe dovuto essere così.
Venne percorso da un brivido. Fissò di nuovo il pavimento e ignorò il suo corpo ancora dolorante.
Forse in quel momento avrebbe dovuto pensare al peccato e alle fiamme dell’inferno e alla dannazione eterna, ma non era quella la ragione per cui aveva tremato. Quelle cose sembravano remote e astratte come sempre, mentre di certo la notte precedente avrebbe dovuto renderle molto più concrete. Avrebbe dovuto sentire l’odore della propria pelle bruciare, no? Avrebbe dovuto provare l’agonia delle sue terminazioni nervose che ardevano e si consumavano come stoppini. Tutto quello che sentiva, però, era la sensazione della barba di Crane che gli toccava la pelle e il dolore fra le natiche che echeggiava con i battiti del suo cuore.
Gli era piaciuto. Era sbagliato, ma gli era piaciuto.
E lo spaventava rendersene conto.